“Forestiero, cosa rimiri?”, avrebbe potuto chiedermi Nicole quando mi fermo, attratto ma un po' circospetto, da lei. Ultima e più bella di una processione di tre-quattro giovani, a distanze scandite da qualche decina di metri sulla via Emilia est, zona commerciale, fra la rotonda del braccio nord e quello sud della tangenziale, staziona fumando poco dopo il Bimbo Store, direzione dal centro di Parma verso S. Ilario. Si ferma, per la precisione, all’altezza di un piccolo accesso laterale che apre uno scivolo sul marciapiede utile all’automobilista per accostare e parlare, coordinate, ricostruite a casa e spero fedeli, 44.78 5973, 10.37 6847 (anche se l’ho vista chiacchierare con una collega in posizione più arretrata e poi da me si è fatta riportare sul lato opposto della strada).
Avrei potuto risponderle che, pur non potendo credere che sia la più bella figlia della città, è la ragazza che nel giro notturno per strade che non conosco, la via Emilia est e la via Emilia ovest, mi attrae di più. Poi sparisce per un po’, ma il puttantour ha le sue pratiche identiche ovunque, le rotonde delle statali servono allo stesso scopo in tutto il mondo conosciuto e, dopo qualche giro, ricompare.
È una biondina che dice di avere 23 anni, con i capelli lisci alle spalle, viso dai bei lineamenti tendente al tondo, occhi marroni, alta sull’1,65, snella e proporzionata soprattutto su gambe e culo, pancia non perfettamente piatta, con una terza di seno, apprezzabile in-carnazione del tipo “puppe a pera”, con capezzolo dal disegno nitido.
Propone il pompino protetto in macchina a 30, il boccafiga a 40, 50 per il pompino senza preservativo ma anche senza venuta in bocca, 70 per andare a casa, l’anale non è in listino. Non conosco la piazza, però sono prezzi un po’ più salati di quelli milanesi con i quali ho consuetudine, mi mostro perplesso per non andare incontro proprio inerme alla fatale fregatura del turista che prenda anche solo un caffè a Venezia o Roma e lei ridimensiona subito: 60 o 50 per la prestazione in appartamento, ma tutto coperto. Alla fine facciamo 70 ma con orale senza preservativo, che è più o meno quello che avrei pagato per lo stesso lavoro nella mia città. Di solito non rischio mai questi soldi al primo incontro, ma giocare fuori casa faceva coincidere, con ogni probabilità, il primo e l’ultimo incontro, e se volevo provarla nel modo cui mi richiamava non disponevo di molti margini per lavorarmela, dovevo puntarli. D’altra parte, come placare l’aspirazione dongiovannesca, rinfrescata durante la precedente cena con un amico dalla visione dello spezzone cinematografico del leggendario Andrea Roncato/Loris Batacchi, di imprimere ogni luogo visitato nel ricordo di un numero erotico?
Singolare particolarità rispetto al rito ambrosiano, la casa è molto lontana dal luogo di ingaggio, distanza utile a creare un po’ di atmosfera e a dissipare la sgradevole impressione della routine del carico e scarico con ragazze che di regola a Milano ti fanno pure parcheggiare a cazzo sotto casa pur di risparmiare frazioni di minuto. L’occasione consente di fare quattro chiacchiere e di allungare le mani sui leggings di pelle nera, l’unico indumento sexy che Nicole, infreddolita e vestita a strati, indossa.
Giungiamo ad una tranquilla palazzina di periferia. La nostra salita a scale ad un piano intermedio è ritmata dal rimbombo dei suoi tacchi, ma spiega che tanto le vicine sono tutte colleghe e nessuno si lamenta: non si corre pertanto il rischio di ritrovarsi l'inquilino in canottiera che strepita sul pianerottolo per il fastidioso via vai. L’appartamento è una spoglia ma pulita sala-cucina dalla luce bianca inflessibile, attrezzata con un letto comodo presso la finestra protetta da un tendone. Per terra una ciotola segnala la presenza di un cane che non si vede e non disturba.
Uso sconosciuto nella mia città, mi propone l’alternativa fra sue preservativi, il Serena desensibilizzante, terrore di tutti i milanesi, e un buon prodotto Coop, marchio per il quale invero avrebbero potuto evitare lo squallido gioco di parole (“Fallo protetto”), ma comunque più sottile e che conosco già. Opto per il secondo. Poi mi esorta a sdraiarmi sul letto, “rilassati”, invito in cui c’è il meglio della sua offerta: il suo stesso modo di porsi. Io infatti ero provato, intontito dai postumi di una forte raffreddatura e dai decongestionanti, da una sontuosa cena con adeguate libagioni, condizioni che avrebbero potuto anche mandare in vacca l’incontro. Invece è avvenuto tutto con grande naturalezza e scioltezza. Durante le operazioni le suonerà il cellulare ma lei non risponderà.
L’esperienza è invece meno coinvolgente sul piano tecnico. Procede senza preliminari, ma si lascia toccare le tette dopo un primo brivido provocato dalle mie mani gelide, poi mi rinfresca l’uccello con la salviettina umida e procede ad un pompino scoperto non frettoloso, che però si riduce ad un su e giù senza variazioni virtuosistiche. Si lascia fermare la mano, onde evitare un’eccessiva accelerazione dei tempi, ma quando gliela sposto sul mio petto e sui testicoli non coglie il suggerimento alla stimolazione tattile. Diventato bello duro, la penetrazione protetta, agevolata dal lubrificante, non presenta problemi di sorta, ma Nicole non mostra, e non simula, partecipazione. Non gradisce la smorzacandela, peccato perché sarebbe stata la postura più idonea alla valorizzazione della forma delle sue tette, quindi procediamo di pecorina e di missionaria, quando è sdraiata sulla schiena le tocco le tette che si aprono, mi solletica la pelle l’ispido della sua potta depilata con centimetrico angolo di zerbino rasato corto, la abbraccio mentre vengo ma a lei non viene di ricambiarmi.
È una Leone-cordiale ma non dalla travolgente espansività. Al primo colloquio esplorativo credo fosse abbastanza evidente che non mi sarei fermato, situazione in cui tante colleghe si scocciano subito e ti liquidano; se, come poi le ho detto, dopo qualche giro sono tornato da lei è anche perché invece Nicole è rimasta amabile e sorridente. In macchina conferma la prima impressione: parla del più e del meno (è rumena, qui, con qualche interruzione, da tre anni), pur senza grandi slanci propositivi. Si premura che non dimentichi da lei oggetti che diverrebbero fatalmente irrecuperabili. Mi dà qualche suggerimento sulla strada del ritorno per Milano, che non mi eviterà di mancare l’immissione più vicina all’autostrada, e prima di scendere mi saluta con un augurio sorprendente, ispiratole evidentemente dalla consapevolezza che 130 chilometri di una strada mal conosciuta difficilmente ci accorderanno un altro incontro un’altra notte, intensificazione di tutta l’aleatorietà di questa inestimabile intimità di sfuggita: “Buona fortuna!”, come ad un viandante d’altri tempi alla ventura sulla Via Aemilia.