“Non è come pensate voi…
…È un equivoco…
…Posso spiegare tutto…”
Innanzitutto, chiarisco l’equivoco, visto il curioso caso di omonimia: qua si tratta di reato di lesa maestà ai danni dell’indiscussa regina dello scodinzolamento con triplo carpiato e del French Kiss a tradimento.
LINK:
http://bologna.bakecaincontrii.com/donna-cerca-uomo/deea-pena-arivata-bologna-shqi45957870CITTA DELL'INCONTRO: Bologna
NOME INSERZIONISTA: Deea
NAZIONALITA': Rumena
ETA': 20/22
CONFORMITA' ALL'ANNUNCIO: NR
SERVIZI OFFERTI: BJ-Rai1
RATE DI PARTENZA: VU
RATE CONCORDATO: VU
DESCRIZIONE FISICA: 1.70 molto magra, poco seno, fisico tonico
ATTITUDINE: Mancava la mia di attitudine
REPERIBILITA': Telefonicamente parlando, buona.
LOCATION: Parliamone…
BARRIERE ARCHITETTONICHE: Piano alto con ascensore (credo a norma)
INDEX:
IDX0fc1c8c1659f8c2d799639c2bff246b5 RACCONTO (Titolo: 2 premi Oscar)
“Turn away from the wall
And there's nothing at all.
Being naked and afraid
In the open space of my bed. (…)
Another time, Another place.”
Questa avventura inizia con un classico gioco da strada.
È il gioco delle 3 campanelle, anzi dei 3 campanelli, con la tipica menzogna dei numeri civici.
Dopo aver rischiato, nell’ipotesi migliore, la figura del pirla sotto altrui portoni e, nell’ipotesi peggiore, l’accusa di vagabondaggio per via Cairoli, mi riagguanta (non troppo entusiasta) sul filo di lana mentre ho deciso di andarmene.
Non è per niente male, molto magra, ma per essere un “giunco” è una gradevole visione, soprattutto se abbassi lo sguardo (a me non dispiace il tipo). L’uniforme non è la classica da ricevimento, tende di più al casual con tocco di casalingo (non che io badi molto all’abito, quanto più alla monaca, però, per gli amanti del genere…).
L’appartamento non è un appartamento, è una stanza (un po’ sciatta, per quanto ordinata e pulita). Il bagno, di conseguenza, è in comune con le altre stanze. A vegliare su cotanta scarna privacy, un sistema di telecamere che manco il pentagono, roba da punter coraggiosi (o incoscienti, il confine è labile e propendo per quest’ultima ipotesi).
Visto l’inizio, per non ripetermi nei miei errori, stavolta non mi discosto dal pacchetto base, senza nemmeno approfondire gli optional.
Lei è carina, tranquilla, poco comunicativa, ma solo per il fattore linguistico di chi non bazzica l’Italia da molto. La situazione, però, ha già tirato fuori il mio lato PSE (Polpo Surgelato Experience) .
Io stesso sono la stregua di un bambolo gonfiabile e, inanimatamente, non mi spingo oltre quel compitino che mi fa rispettare i miei impegni, senza nemmeno estrarre le mie sei mani da divinità indiana.
La poesia è scappata da tempo, messa in fuga dal fragore della testiera del letto che sbatte sul muro, è uscita da quella porta di carta velina che fatica a chiudersi.
Il coinvolgimento reciproco di me e lei è da due premi oscar, intesi come statuette, però.
Non posso farne una gran colpa alla giovane Deea, che, come una brace che sembra spenta, sotto sotto, delle discrete potenzialità, a mio avviso le ha. Le basi di gentilezza, tranquillità e sapersi muovere assieme ai tuoi ritmi, senza importi i suoi, ci sono, e un filo di partecipazione l’ha messa.
C’è da dire che esprimere il talento, di fronte ad un candidato (il sottoscritto) al premio Indesit come miglior freezer italiano dell’anno, non era cosa agevole.
Accenno a spiegarle qualche inconveniente riscontrato, ma, se dovessi darle consigli su quanto c’è da sistemare, non tanto in lei, quanto nel “contesto”, mi servirebbe una settimana di ferie.
Per me pecca di inesperienza, se Deea è del mestiere da più di 3 giorni io sono Napoleone (Casaro, tu che tutto sai, illuminami e smentiscimi).
Ho quasi un deja vù, quello della mia precedente “ipotesi del grottesco e della paura” (effettivamente con Claudia, qualche somiglianza fisica c’è), ma qua siamo più sul dubbio Amletico-Shakespeariano dell’essere o non essere… morire, dormire:
La pay che è una pay, forse, da due giorni, l’appartamento che non è un appartamento, il punter dormiente, glaciale come un frigorifero e, mentre me ne vado, salutando con una smorfia l’occhio del grande fratello, ci aggiungo anche la privacy, defunta tra telecamere e portoni di mezzo quartiere, mezz’ora prima.
Ci sono cose che ti fanno divertire, cose che ti fanno incazzare, altre, come in questo caso, che ti fanno riflettere.
Le ultime sono più pericolose, ma forse hanno più senso.
I versi che ho citato (e che ben calzavano) all’inizio sono di una canzone degli U2 del 1980: Another time, another place*.
Forse un’altra volta, in un altro posto, potrebbe essere una bella esperienza.
* ndr: Ironia della sorte, Another time another place, era anche un album di Brian Ferry del 1974 dove il bassista e co-produttore si chiamava John Punter